Un attore che ha fatto della bellezza un dono ma anche una sfida, che ha abbandonato la carriera da avvocato per seguire l’istinto e il palcoscenico. Alessandro Preziosi, protagonista di cinema, teatro e televisione, si racconta in un’intervista al Corriere della Sera: dalle scelte decisive che hanno segnato la sua vita professionale e personale, al successo travolgente di Elisa di Rivombrosa, che lui stesso oggi definisce «troppo grande per me allora». Con sincerità e lucidità, l’attore ripercorre i momenti più importanti della sua carriera, il valore dell’amicizia, la paternità e il rapporto con un mestiere che ama ancora dopo venticinque anni.
Le scelte e il destino
«La grande fatica delle scelte è non dormirci prima di prenderle», riflette Alessandro Preziosi, ospite al Premio Letterario Corrado Alvaro–Libero Bigiaretti. Laureato in Giurisprudenza con il massimo dei voti, l’attore non ha mai rimpianto la carriera forense lasciata alle spalle: «Mai fatto. L’arte mi ha insegnato ad amare di più la vita».
La decisione di dedicarsi alla recitazione nacque, racconta, da «un’incoscienza profetica, un sesto senso». Così si trasferì a Milano per studiare all’Accademia dei Filodrammatici: «Le scelte determinano ciò che sarai. Lì è iniziato tutto».
25 anni di carriera
A distanza di un quarto di secolo, Preziosi parla di un mestiere «che considero il più bello del mondo», pur confessando che ama più guardare i film che girarli. «Finché mi sceglieranno, continuerò a recitare. Ho avuto la fortuna di poter perseguire un talento che non basta possedere, ma va riconosciuto».
Se potesse tornare indietro? «Ho rimpianti solo per le non scelte o l’inerzia. Quelle che ho fatto davvero, anche a livello sentimentale, mi hanno sempre portato opportunità».
L’incontro con i grandi ruoli
Preziosi cita come esperienze determinanti il suo “Cyrano de Bergerac”, film mai distribuito come La cura di Francesco Patierno e il recente spettacolo teatrale Memorie di Adriano.
Ammette di aver vissuto la bellezza come metà della sua fortuna: «Altro che limite. Poi il tempo passa, i figli crescono, vivi lutti, e la percezione cambia».
E sul sentimento: «Il vero problema non è amare ma farsi amare. Anche l’amore non corrisposto non l’ho mai visto come un limite, ma come una responsabilità».
«Con Elisa di Rivombrosa non ero pronto»
Il ruolo che lo consacrò al grande pubblico, quello del conte Ristori in Elisa di Rivombrosa, oggi lo guarda con distacco critico: «Non ero all’altezza. Non della serie, non di Vittoria Puccini, non della regista. Da allora per anni mi hanno proposto solo ruoli in costume. Quando Ferzan Özpetek mi scelse per Mine Vaganti, fare un personaggio contemporaneo fu una fatica enorme».
Il teatro, il cinema e i maestri
«A teatro diciamo le cose perché le pensiamo, al cinema è diverso: bisogna imparare a essere naturali. Özpetek mi ha insegnato a lasciarmi andare».
L’uomo, il padre, le amicizie
Padre di Edoardo (1995) ed Elena (2006), Preziosi confessa: «Ho il rimpianto di aver fatto il padre ma non il genitore. Non aver vissuto con loro sotto lo stesso tetto mi è mancato. Avrei voluto quella quotidianità, ma so che sono cresciuti benissimo».
Le amicizie? «Gli stessi amici da vent’anni, fuori dal cinema. Persone con cui discutere di grandi temi, non degli altri».
Lo sguardo sul presente
Sulla guerra e sull’impegno degli artisti: «Quella terra doveva essere fabbrica della vita e oggi è fabbrica della morte. L’artista deve esprimersi, spingere a ragionare. Ammirevole Javier Bardem agli Emmy con la sciarpa della Palestina. La morte di tante persone resta un evidente problema politico».