Dal set internazionale di The Gentlemen firmato Guy Ritchie, alla seconda stagione di Storia della mia famiglia per Netflix, fino al Filming Italy Sardegna Festival: Sergio Castellitto è ovunque. L’attore e regista romano arriva a Cagliari reduce da settimane frenetiche tra Londra, il Lago Maggiore e Roma, e nonostante tutto, mantiene lucidità, ironia e – soprattutto – una straordinaria libertà di pensiero.
Protagonista di Conclave, il thriller vaticano che ha conquistato critica e pubblico, Castellitto si concede alla stampa con lo stile che gli è proprio: colto, diretto, talvolta tagliente. Ma mai scontato.
“Pensavo che le idee bastassero, invece è partita la macchina del fango”
Il recente passato non è stato facile. L’anno trascorso al Centro Sperimentale, segnato da critiche e polemiche, lo ha lasciato provato. E lo ammette senza filtri:
“È stato un periodo doloroso. Sono stato ingenuo: pensavo che le idee potessero contare più della macchina del fango che si è messa in moto contro di me”.
Non si dilunga, ma il riferimento è chiaro. Preferisce guardare avanti, al lavoro, al cinema che ancora lo accoglie e lo sfida. E al desiderio, sempre presente, di tornare dietro la macchina da presa, magari con una sceneggiatura scritta dalla moglie, Margaret Mazzantini.
Il caso Kaufmann e il paradosso del cinema italiano
L’attualità entra con forza nella conversazione quando Castellitto commenta il caso Francis Kaufmann, sedicente produttore cinematografico capace di ottenere 800 mila euro di fondi pubblici con progetti fittizi.
“Se non fosse una tragedia, sarebbe una commedia. È inquietante, perché se è successo una volta, può essere accaduto dieci. È la logica diabolica della burocrazia: un automatismo che va avanti da anni. Il cinema si sta autodistruggendo”.
Una denuncia secca, disillusa, ma lucida. L’arte, secondo Castellitto, non può sopravvivere se si trasforma in un sistema autoreferenziale, dove il talento rischia di affogare in meccanismi opachi.
Il caso De Angelis-Elodie: “Serve un premio al casting”
Impossibile ignorare anche la polemica sollevata da Matilda De Angelis, premiata ex aequo ai Nastri d’Argento con Elodie per il film Fuori di Mario Martone. De Angelis aveva criticato il premio condiviso, ritenendolo una forzatura nei riconoscimenti istituzionali.
Castellitto, che Matilda l’ha diretta in Il materiale emotivo, prende posizione con eleganza:
“Matilda è formidabile e schietta. E ha ragione: l’ex aequo ha senso nei festival, ma nei premi istituzionali serve riconoscere l’unicità. E poi, suggerisco di istituire un premio per il casting: lì nasce il vero talento di un film”.
Pietro Castellitto: “Il suo talento è rimasto caotico. Per fortuna”
Alla fine, Sergio parla del figlio Pietro Castellitto, oggi uno dei registi più promettenti del cinema italiano. E lo fa con parole profonde, da padre e da collega:
“Ho sempre creduto in lui, anche quando sembrava buttare via la sua vita, come fanno tanti giovani. Ha un talento caotico. Ed è rimasto caotico, per fortuna, perché il talento ordinato è sospetto”.
Ma ciò che più ammira in Pietro è la sua autonomia creativa:
“È riuscito a liberarsi dal fardello delle nostre personalità, mie e di Margaret. Ha fatto il suo percorso. E ha la libertà di esprimersi che io non avrei. I film che fa lui, io non riuscirei a farli”.