Yusuf e i Gatti, storia di Natale letta da Federico Zampaglione

Il cantautore romano Federico Zampaglione legge "Yusuf e i Gatti", una delle storie inclusive del "Natale in casa Kiss Kiss".

Federico Zampaglione è uno dei protagonisti del "Natale in casa Kiss Kiss".
Storie inclusive lette da grandi artisti della musica italiana.

Il Natale è la festa della tradizione per eccellenza, ma è in grado di adattarsi ai tempi e ai luoghi.
È la ricorrenza in cui ci si ritrova in famiglia, ma non sempre questo significa sentirsi a casa.
A Natale tutti hanno il diritto di "sentirsi a casa", anche quelli che vivono da soli e lontani dai propri cari, come anche quelli che, nonostante vivano il Natale in famiglia, "a casa", davvero, non si sono mai sentiti.

Radio Kiss Kiss propone quattro storie per un Natale differente, sorprendente, non conforme. Un Natale inclusivo!
Si tratta di racconti che parlano di persone in situazioni in cui è inevitabile sentirsi soli, abbandonati, non accettati; incompresi, incompiuti. Ma poi scopriranno che esistono tante insospettabili forme di famiglia in grado di accogliere, sostenere, proteggere. Perché è importante per chiunque sentirsi a casa.

"Yusuf e i Gatti" è la storia di un immigrato che vive da solo in una baracca sulla sponda del Tevere e che si ritrova ad accudire una colonia felina.
Questa storia natalizia del "Natale in Casa Kiss Kiss" è letta da Federico Zampaglione.

Le altre storie inclusive del "Natale in casa Kiss Kiss":

"Yusuf e i Gatti" - TESTO

Assioma: le baracche sono scomode. Questa affermazione autoevidente è una verità incontrovertibile che non necessita argomentazioni e dimostrazioni ulteriori. Yusuf lo sapeva bene - senza bisogno di prove empiriche - anche prima di ritrovarcisi a vivere, in una baracca. L'esperienza aveva semmai confermato le sue certezze in merito, aggiungendo alle sue conoscenze scientifiche una nozione: le baracche sono veramente tanto scomode. Yusuf era infatti sì perfettamente consapevole che vivere in una baracca fosse certamente scomodo, ma non immaginava che fosse così tanto scomodo. Ma proprio scomodo oltre ogni più pessimistico pronostico. Un po' come avviene col fuoco: tutti sappiamo che scotta e che le ustioni fanno male, ma quando ci scottiamo per la prima volta, realizziamo pienamente quanto effettivamente il fuoco scotti e quanto le ustioni facciano male.

E dire che Yusuf si era impegnato a fondo per rendere la propria baracca il più confortevole possibile. La baracca di Yusuf era probabilmente la più confortevole tra tutte le baracche. Se non di tutte le baracche mai esistite o di tutte le baracche al mondo, sicuramente di tutte quelle di Roma.

Yusuf aveva costruito la propria baracca su una sponda del Tevere dalle parti di Testaccio. I primi tempi in cui si trovava a Roma e soleva girovagare per la città alla ricerca di una sistemazione, di qualcosa da fare, di una soluzione per la propria esistenza o di far passare le ore il più velocemente possibile, aveva notato quella zona stranamente poco frequentata, nonostante si trovasse in un quartiere piuttosto vivo. Per quanto si trattasse di una zona non esattamente comoda e abbastanza nascosta, c'era pur sempre un ponte sul quale passava il trenino urbano, e non gli era parso vero che nessuno si fosse ancora stabilito sotto a quel ponte. Aveva deciso quindi di stabilircisi egli stesso. Siccome però vivere sotto a un ponte gli sembrava un cliché troppo degradante, aveva optato per una più sobria e meno banale sistemazione di fianco al ponte. E siccome Yusuf sapeva fare tutto, non aveva mai avuto paura della fatica e non era mai stato capace di stare con le mani in mano, si era dato da fare, aveva raccolto qua e là lamiere, pannelli di compensato e pali di legno e aveva eretto una baracca nettamente migliore di certi edifici di presunti grandi architetti contemporanei, i quali riescono a trovare interesse estetico meritevole di emulazione nelle confezioni di merendine accartocciate.

Yusuf doveva riconoscere però che le giganti confezioni di merendine accartocciate in cemento armato realizzate sullo slancio di appalti fulgidamente truccati erano sicuramente più fresche d'estate e più calde d'inverno rispetto alla sua pur ammirevole baracca. Ecco, un'altra cosa di cui Yusuf non aveva forse mai avuto piena contezza finché non aveva avuto modo di provare in prima persona era quanto facesse caldo d'estate e soprattutto quando facesse freddo d'inverno in una baracca. E ne aveva concluso che il freddo è sicuramente peggio del caldo.

All'interno della baracca aveva costruito un rudimentale ma efficace caminetto, con tanto di canna fumaria, utilizzando vecchi scarti di carrozzeria selezionati in un cimitero di automobili. Efficace sì, ma non abbastanza. D'altronde pareti e infissi erano ben lungi dal rendere la baracca un'abitazione di classe energetica A, e non la facevano avvicinare nemmeno alla classe G. Al massimo la ponevano da qualche parte tra la Q e la Z, a seconda della quantità di legname che riusciva a racimolare di volta in volta.

Si era munito quindi di un quantitativo di coperte bastevole per confezionare una trapunta per una balenottera azzurra. Alcune gli erano state date in un centro di aiuti umanitari, altre le aveva trovate nella spazzatura, altre ancora le aveva ottenute da alcuni abitanti del quartiere grazie a una forma di baratto: una coperta in cambio di piccole mansioni utili, che fossero di riparazione, di giardinaggio, di pulizia, qualunque cosa potesse servire al donatore. Con la stessa formula del baratto aveva potuto far lavare le coperte trovate nella spazzatura: aveva aggiustato il lampadario di una lavanderia gestita da una famiglia del Bangladesh e ne aveva ottenuto profumo e pulizia per il proprio giaciglio.

Insomma, tra il camino cyberpunk e la montagnola di coperte, Yusuf contrastava l'inverno alla bell'e meglio. E probabilmente lo faceva anche con un certo successo, visto il gradimento che il suo tepore domestico riscuoteva presso i ratti. Tenere fuori i ratti era più difficile del previsto: per quanto tappasse accuratamente ogni fessura che riuscisse a scorgere, spuntava sempre qualche ratto più abile degli altri nell'individuare vie di accesso inesplorate. La voce di quella baracca riscaldata però doveva essersi sparsa nel regno animale, tant'è che i ratti avevano smesso di farsi vedere quando erano sopraggiunti a chiedere ospitalità dei gatti. O meglio, erano venuti a imporre la propria presenza e prendere possesso della dimora di Yusuf, col garbo autoritario proprio dei felini. Era arrivato prima un gatto striato grigio e bianco, un po' spelacchiato, un giorno d'inizio autunno, e Yusuf lo aveva accolto con una scatoletta di tonno (e dovendo di conseguenza ingegnarsi per la cena); qualche giorno dopo era comparso un altro gatto, nero e leggermente zoppicante; poi un altro, poi un altro ancora, finché Yusuf si era ritrovato circondato da una decina di nuovi amici.

Poco sopra la baracca di Yusuf c'era un arco sotto al ponte che formava un'alta e spaziosa nicchia ben riparata. A parte un po' di spazzatura che giaceva lì da chissà quanto, la nicchia si presentava vuota e con una vecchia fontanella pubblica ancora funzionante, nonostante non venisse aperta probabilmente da anni. Così Yusuf aveva avuto l'idea: perché non pulirla e ricavarci una colonia felina?

Trovando cucce qua e là, costruendone alcune egli stesso, raccogliendo ciotole in ogni dove, Yusuf aveva dato una nuova casa a tutti i gatti randagi del circondario. Un rifugio sicuro, lontano dai pericoli delle strade. Quei gatti erano diventati ben presto la sua famiglia e a loro aveva preso a dedicarsi anima e cuore.

La mattina di Natale faceva più freddo del solito. Yusuf si svegliò intirizzito nonostante le coperte sotto le quali dormiva sepolto. La brace del camino metallico si era consumata nel corso della nottata. Era il secondo Natale che passava in quella baracca, da solo, lontano dalla sua terra, quel Kurdistan martoriato dalle bombe in cui aveva lasciato molti amici e perso alcuni degli affetti più cari. Ora si trovava lì, esule, apolide in una città straniera, a costruire la propria vita come aveva fatto con la propria baracca, cercando di sopravvivere giorno per giorno e prendendosi cura dei suoi amici gatti.

Come ogni mattina, andò a vedere se i gatti stessero bene e se avessero le ciotole piene. Mentre se ne stava piegato accanto alla fontanella riempiendo delle ciotole d'acqua, si sentì chiamare alle spalle.
"Mi scusi, è lei che si occupa della colonia felina? Ho portato delle coperte per i gatti."
Era una signora di mezza età, che gli porse delle coperte e lo aiutò a sistemarle nelle cucce.
Poco dopo arrivò una ragazza con dei pacchi di croccantini. Poi una giovane coppia con delle scatolette. E ancora una famiglia con altre coperte e altro cibo per gatti, e un distinto signore anziano, e un gruppetto di amici, e altra gente, tutta con qualcosa per i gatti. E anche per Yusuf.
In poco tempo si formò un crocchio di una ventina di persone, giunte tutte lì a passare la mattina di Natale insieme ai gatti e all'uomo che si prendeva cura di loro.




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