Il DNA di Ozzy Osbourne: un caso unico nella ricerca genetica

Il sequenziamento del genoma di Ozzy Osbourne ha rivelato mutazioni genetiche uniche che potrebbero spiegare la sua resistenza a decenni di abusi.

Nel 2010, Ozzy Osbourne, leggendario frontman dei Black Sabbath, ha deciso di sottoporsi al sequenziamento del suo genoma. All’epoca, solo circa 200 persone al mondo avevano affrontato un’analisi genetica così approfondita. L’obiettivo era comprendere come fosse riuscito a sopravvivere a decenni di abusi, tra alcol, sostanze e incidenti, inclusa una caduta in quad e due coma indotti chimicamente.

Scoperte genetiche sorprendenti

Il sequenziamento, condotto da Cofactor Genomics e analizzato da Knome Inc., ha rivelato mutazioni in geni legati all’alcol e al sistema nervoso. In particolare, è stata identificata una rara variante nella produzione della proteina CLTCL1, fondamentale nella comunicazione neuronale. Inoltre, è emerso che Osbourne possedeva una porzione di DNA ereditata dai Neanderthal, dettaglio che il cantante ha accolto con la sua consueta ironia: “Non sorprenderà mia moglie… o certe questure.”

Implicazioni per la salute

Tra le curiosità emerse, è stata individuata una variante nel gene ADH4, legato alla metabolizzazione dell’alcol. Sebbene non fosse chiaro quanto questa variante influenzasse la sua resistenza agli eccessi, il dato era intrigante. Osbourne aveva anche chiesto di approfondire i tremori che iniziava a notare: si trattava dei primi segni del morbo di Parkinson, che avrebbe segnato i suoi ultimi anni.

Un contributo alla genetica personalizzata

All’epoca, il campo della genomica era ancora agli inizi, ma studi pionieristici come quello su Osbourne hanno contribuito a costruire le basi per l’attuale genetica personalizzata. Oggi, chiunque può analizzare il proprio DNA con un semplice test, ma nel 2010 ci voleva un “Principe delle Tenebre” per portare il tema all’attenzione del grande pubblico. 

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