In Dedikiss, Marco e Raf hanno intervistato Leo Gassmann.
Aveva vinto Sanremo Giovani nel 2019, è tornato dopo 3 anni sullo stesso palco, stavolta tra i big. È venuto qui in diretta con noi con tutti e tre i suoi cuori: Leo Gassmann!
«Ciao a tutti, è un piacere.»
Leo, ti abbiamo ospitato anche a Sanremo, ci hai dato più l’impressione di essere felice, sereno, lì a Sanremo. Eppure lì è una lavatrice, mille impegni, mille interviste, l’ansia del palco dell’Ariston. E tu eri lì, felicissimo, come un ragazzino in una sala giochi.
«Sì, è comunque un’occasione incredibile, un’esperienza assurda. L’ho vissuta al massimo delle mie energie, mi son divertito tantissimo. È stata un’esperienza indimenticabile.»
Sei tornato con una maturità diversa, una canzone fantastica scritta da Riccardo Zanotti dei Pinguini. E ora porti un album che, hai dichiarato, senti più tuo, la “Strada per Agartha”. Un concept album ricco di ispirazioni, un viaggio musicale. Vuoi raccontarcelo?
«Sì. È nato da un libro che ho letto che si chiama Il dio fumoso di Willis Emerson, una sorta di Viaggi di Gulliver, per intenderci. Parla di questo luogo sotterraneo, un mondo alternativo senza guerre e disparità sociali abitato da questi giganti che vivono di musica e agricoltura. Mi sono immaginato di intraprendere questo viaggio alla ricerca della bellezza della musica con i miei di giganti, cioè i musicisti con cui collaboro, tra i quali ci sono Edoardo Bennato, i Will & the People che è una band di Londra; poi c’è una collaborazione con un artista indiano che si chiama Rahul Kamble, che ho conosciuto all’università. Insomma, è un progetto che parla di amicizia, sono tutte produzioni di miei amici, Matteo Costanzo e Giuseppe Taccini, e anche Riccardo Paganelli nelle canzoni scritte con Riccardo Zanotti.»
Che ruolo ha l’amicizia non solo nella tua vita, ma anche nel tuo lavoro. Quanto ti supportano i tuoi amici? A Sanremo eri accerchiato da loro.
«Eravamo almeno in trenta, sono venuti da tutte le parti d’Italia. Peraltro amici che non si conoscevano tra loro, si sono presi una casa, si sono conosciuti, hanno fatto amicizia e sono rimasti in contatto tra di loro, hanno fatto gruppo. Per me l’amicizia è fondamentale, non farei musica se non fosse per i miei amici. Io vivo la musica con loro, nel nostro piccolo spazio, lo studio. Abbiamo viaggiato tanto e abbiamo lavorato a questo disco. Chiudendo gli occhi immaginavamo come potesse essere bello suonarle davanti alle persone. Finalmente è il momento di rendere pubblico questo album. L’unica cosa che ci manca è suonarlo nei concerti.»
A proposito, puoi dirci qualcosa in merito?
«A brevissimo pubblicherò le date del tour, non vedo l’ora. Un tour lungo, con tante date. Sono felice che mi scrivono in tanti per venire ai concerti, la famiglia si sta allargando. I miei live li definisco umani, mi piace tanto dialogare con chi viene. Per me sono tutti fratelli e sorelle, ci divertiamo, scambiamo idee, sento i loro sogni, le loro paure, io racconto i miei. Ci conosciamo, perché la musica deve unire, no?»
Tanti amici, ma sai anche stare molto da solo. Sappiamo che spesso viaggi anche da solo, no?
«Sì, spesso viaggio da solo. Ho il mio furgone col quale, quando ho la possibilità, viaggio. Mi piace mettermi alla prova, scoprire posti nuovi e incontaminati, stare a contatto con la natura. Nell’album si sente molto questo, molti brani sono nati in posti incontaminati. Ci sono anche dei campioni che ho preso dai luoghi in cui ho scritto le canzoni. Mi piace tornare alle origini, nei posti da dove proveniamo tutti.»
Qual è il viaggio che ti è rimasto più impresso?
«Ce ne sono tanti. Sicuramente, uno di quelli a cui sono più legato è il primo viaggio che ho fatto in furgone con Francesco Morrone, che è un cantautore calabrese con il quale viaggio spesso. Quando stiamo insieme, ogni giorno è un’avventura diversa. Siamo stati ospitati in casa dalle persone, abbiamo suonato con loro. Abbiamo vissuto un’estate meravigliosa facendo musica per strada. Vorrei farlo anche la prossima estate; oltre al tour ufficiale, vorrei prendere il furgone e andare a suonare per strada, anche per scrivere, trovare nuove ispirazioni, conoscere nuovi artisti, mi piace molto incontrare nuovi cantautori. Infatti, nell’album ci sono tanti artisti che la loro pagina di storia devono ancora scriverla, ma sono onorato di averci collaborato.»
Vista l’ispirazione letteraria del tuo disco, hai mai pensato di scrivere un romanzo?
«Allora, in realtà un romanzo no, ma mi piacerebbe tanto scrivere un libro, perché ho un mio diario personale dove scrivo le mie avventure e le persone che incontro nel mio cammino. Secondo me ci sono dei concetti che ho elaborato che potrebbero aiutare le persone a ragionare su diversi aspetti della vita.»
Ce ne puoi dire uno o come intitoleresti il libro?
«Ma, guarda, a me piace sempre partire da, che so, la felicità. E da lì argomentare cos’è la felicità, oppure la musica. Mi piace partire da un concetto per poi scrivere qualcosa, come le storie che ho incontrato, le guide che ho conosciuto nel mio percorso. Però sono di quelle cose che pensi e non sai se farai mai.»
Nel libro metteresti la storia della canotta di Sanremo?
«Dici che posso vantarmene? [ride, ndr] Come continuo a dire ogni volta che me lo chiedono: semplicemente, a Sanremo c’è una persona incaricata a vedere che gli artisti non indossino nessun marchio nel loro vestito. Purtroppo abbiamo commesso l’errore di scegliere una giacca con dei marchi e una signora mi ha detto che non potevo indossarla. C’era un outfit alternativo ma non mi piaceva perché era scelto all’ultimo. Quindi, siccome volevo essere a mio agio sul palco, anche se sarei stato molto più a mio agio con la giacca, ho deciso di improvvisare e di andare in canottiera, che era l’unica opzione.»
Come ha detto tuo padre Alessandro, è un marchio di famiglia!
«Sì, ho letto, mi ha fatto molto ridere.»
Grazie a Leo Gassmann!
«È stato un gran piacere, Kiss Kiss a voi!»