Migranti, la sentenza della giudice di Catania alimenta la polemica politica

Si riaccende lo scontro tra il governo e la magistratura. Se prima era stata la riforma della giustizia a creare tensioni, stavolta al centro della polemica c’è la sentenza del Tribunale di Catania che ha accolto il ricorso di tre migranti tunisini, sbarcati a metà settembre a Lampedusa e poi portati nel nuovo centro di Pozzallo (RG), giudicando illegittimo in più parti il recente decreto in materia dell’esecutivo.

Immediata è stata la reazione del ministero dell’Interno che ha fatto sapere di volere impugnare il provvedimento, ma non è tardata ad arrivare neanche la replica di Giorgia Meloni che su Facebook si è detta basita dalla decisione della giudice Iolanda Apostolico. “Con motivazioni incredibili- scrive la presidente del consiglio- rimette in libertà un immigrato illegale, già destinatario di un provvedimento di espulsione, dichiarando unilateralmente la Tunisia paese non sicuro (compito che non spetta alla magistratura) e scagliandosi contro i provvedimenti di un governo democraticamente eletto”. Poi, l’affondo della premier aggiungendo che: “Non è la prima volta che accade e purtroppo non sarà l’ultima, ma continueremo a fare quello che va fatto per difendere la legalità ed i confini dello stato italiano. Senza paura”.

Pronta la replica della segretaria dem Schlein. “Meloni la smetta di alimentare lo scontro istituzionale che danneggia il paese. E’ la destra che scrive leggi incostituzionali e poi se la prende con i giudici che fanno il loro lavoro” e ancora: “Il governo firma le leggi che hanno prodotto questo caos, che non ha mai contrastato il regolamento di Dublino e si allea con Polonia e Ungheria che di solidarietà non vogliono saperne”.

Da segnalare la reazione della stessa giudice  del tribunale etneo. “Non voglio entrare nella polemica. Il mio provvedimento è impugnabile con ricorso per Cassazione, non devo stare a difenderlo” spiega la Apostolico invitando a non trasformare una questione giuridica in una vicenda personale”.  Interviene anche il presidente dell’Anm di Catania, Alessandro Rizzo definendo la collega una persona per bene che ha lavorato nel rispetto delle leggi. “Il rapporto tra potere esecutivo e giudiziario -dice- andrebbe improntato a ben altre modalità. Quelle che abbiamo letto sono parole sbagliate per toni e contenuti”.

Depositata intanto al comitato di presidenza del Csm la richiesta della maggioranza dei consiglieri togati di aprire una pratica a tutela della giudice.

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