Israele-Iran, il Premio Nobel Narges Mohammadi: “Non distruggete Teheran”

Le parole di Narges Mohammadi sulla situazione in Iran e il suo appello contro la guerra, tra repressione interna e pressioni internazionali.

Con un post struggente su Instagram, l’attivista e premio Nobel per la Pace Narges Mohammadi ha lanciato un appello contro l’escalation militare tra Israele e Iran, chiedendo la fine immediata delle ostilità e implorando il mondo: “Non distruggete la mia città. Ponete fine a questa guerra.”

La voce di Mohammadi arriva da una condizione di profonda sofferenza e resistenza. Ingegnere, giornalista, attivista e figura di spicco nella battaglia per i diritti umani in Iran, è stata incarcerata per un totale di 13 anni, condannata a 31 e sottoposta a pene corporali, tra cui 154 frustate. Attualmente si trova agli arresti domiciliari per ragioni mediche, dopo anni di detenzione nel famigerato carcere di Evin, simbolo della repressione politica in Iran.

Nel suo messaggio, Mohammadi descrive con lucidità e dolore la complessità della capitale iraniana, Teheran, minacciata dalle tensioni geopolitiche:

“Cosa significa ‘evacuare Teheran’? Teheran ospita 10 milioni di esseri umani: ospita le infrastrutture critiche del Paese, ospedali, istituzioni governative, asili, scuole primarie, università, laboratori, case, prigioni, fabbriche, zone industriali che impiegano migliaia di lavoratori, mercati, negozi, ponti, strade, poveri, netturbini, bambini lavoratori, venditori ambulanti, donne che sono le uniche a provvedere alle loro famiglie, giornalisti, bar, parchi e centri di divertimento. Quale di loro dovremmo portare sulle nostre spalle per salvarlo dalla morte e dalla devastazione?”

Un grido che rompe la narrazione ufficiale della guerra come evento “strategico” e la riconduce alla sua realtà più cruda: la devastazione delle vite civili.

Nata a Zanjan nel 1972, laureata in fisica, Mohammadi è membro del Centro dei Difensori dei Diritti Umani, fondato dalla giurista e Nobel Shirin Ebadi. Ha dedicato la sua vita a cause cruciali: l’abolizione della pena di morte, la difesa dei detenuti politici, la lotta contro la violenza sulle donne, dentro e fuori dalle carceri.

È stata tra le prime voci a sostenere con forza il movimento “Donna, Vita, Libertà”, esploso dopo la morte di Mahsa Amini, la giovane uccisa in custodia dalla polizia morale nel 2022. Ha continuato a battersi anche dopo la morte della studentessa Armita Garawand, simbolo delle nuove generazioni iraniane che sfidano il regime.

Nonostane le torture, gli arresti e l’isolamento, Mohammadi ha sempre scelto di parlare. Oggi, lo fa ancora una volta, rivolgendosi non solo al suo Paese, ma al mondo intero. Un mondo che, secondo lei, deve smettere di considerare la guerra come un’opzione legittima e cominciare a salvaguardare la vita umana, in ogni sua forma.

“Ponete fine a questa guerra” 

Le sue parole non sono solo un appello alla pace, ma un atto di resistenza, in difesa della dignità collettiva e della vita civile. Un richiamo universale, che viene da chi ha pagato e continua a pagare il prezzo più alto per la libertà.

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