Un ruolo che emoziona
“Vorrei la scritta ct sulla carta d’identità”, ha confessato Luciano Spalletti nell’intervista a Vivo Azzurro, la piattaforma della Federcalcio. Per Spalletti, allenare la Nazionale italiana non è solo un lavoro, ma una vera e propria vocazione. “Allenare un club nel quale si riconosce un popolo intero è qualcosa che riempie tutti i miei pensieri, il mio tempo”, ha detto, sottolineando come questo incarico sia estremamente significativo per lui. “Mi addormento pensandoci e ci penso svegliandomi”, ha aggiunto, dimostrando quanto il ruolo di ct influenzi la sua vita quotidiana.
Sfide personali e professionali
Nel suo percorso, Spalletti ha ammesso di aver dovuto smussare alcuni aspetti del suo carattere o del suo approccio lavorativo. “Ci sono cose che debbo modificare per come le penso io”, ha spiegato, riconoscendo che a volte le sue idee potrebbero risultare troppo intense per i giovani giocatori. In particolare, ha evidenziato l’importanza di trasmettere ai calciatori la consapevolezza di certe situazioni di gioco. “Le partite si giocano per non rigiocarle mai più, quel tempo non passerà più” ha sottolineato, spiegando quanto sia cruciale vivere ogni incontro con la massima attenzione e consapevolezza.
Un approccio che coinvolge la famiglia
Spalletti descrive il suo impegno come un’esperienza totalizzante: “Quando sei ct sei ct sempre, ventiquattro ore al giorno. Anche in famiglia”. L’allenatore si considera fortunato ad avere al suo fianco Tamara Angeli, la quale, secondo le sue parole, gioca un ruolo fondamentale nel mantenere l’equilibrio familiare. “È lei che tiene unita la famiglia”, ha detto Spalletti, evidenziando come il suo impegno professionale si intrecci inevitabilmente con la sua vita privata. Con due dei tre figli già grandi, il tecnico riconosce il valore del sostegno familiare nel gestire le responsabilità legate al suo ruolo.
